Libere tutte, liberi tutti

Con questo articolo non vogliamo proporre un semplice aggiornamento sulla situazione che si è creata a Firenze a seguito dell’indagine, cominciata nel 2009, a carico di studenti, giovani e precari che si sono “macchiati del reato” di contestare e combattere nuove leggi, riforme universitarie e ingiustizie sociali sempre più
all’ordine del giorno, ma cercare di proporre qualche spunto, invitare chi lo leggerà ad una riflessione e soprattutto alla partecipazione attiva negli avvenimenti futuri.
Non possiamo però prescindere dal fare un breve riassunto dei fatti prima di incentrare il discorso su due ragionamenti fondamentali:
il comportamento dei media e la preoccupante situazione,
purtroppo non solo italiana, che si trova a vivere chiunque alzi la voce contro la dominazione di una classe politica che si è dimenticata da troppo tempo i propri compiti e
di una classe economica che non ha mai avuto nessun rispetto della dignità delle persone.
Passando ai fatti, basta dire poche parole per far capire quanto allo stesso tempo ridicola e
drammatica sia un’indagine svolta nei confronti di quasi cento persone, di cui 35 hanno subito e stanno ancora subendo restrizioni alla propria libertà come perquisizioni nelle proprie case o dei parenti, obblighi di firma in questura, restrizioni alla libera circolazione in Italia e all’estero, fino ad arrivare a reclusioni, a casa o addirittura in carcere.
Vi chiederete come possa esserci una parte ridicola in questa faccenda, e avete ragione, ma non riusciamo a definire in altra maniera un’accusa di associazione a delinquere giustificata con denunce per manifestazioni non autorizzate, blocchi stradali, interruzioni di pubblico servizio e ingiurie a pubblici ufficiali evidentemente molto meno ironici di noi.
Ancora più incredibile è il dispiegamento di mezzi ed energie per portare avanti queste indagini: 400 pagine di intercettazioni, raccolte attraverso l’uso di costosissime microspie posizionate in luoghi di ritrovo e mezzi privati ed il coinvolgimento della Digos e dei servizi segreti italiani. Passando al comportamento dei media nell’affrontare questa vicenda non
abbiamo potuto che constatare per l’ennesima volta, leggendo ogni tipo di testata, ascoltando le radio e guardando i telegiornali, come in questa società non esista il minimo diritto ad un’informazione reale. Ormai non ce ne stupiamo più, abituati troppo spesso a leggere menzogne su fatti e vicende che ci riguardano direttamente in quanto membri di collettivi, partecipanti a manifestazioni o movimenti di opposizione sociale, ma vorremmo
con questa riflessione sottolineare quanto i media di ogni tipo (per quanto possano ritenersi di sinistra hanno sempre interessi economici a cui piegarsi) siano da leggere criticamente; l’ultimo esempio che ci viene in mente è la Val di Susa (basta confrontare le testimonianze degli abitanti della Valle e gli articoli di giornale).
Altro problema è il sentore del cittadino – il non vedere o non voler vedere le pratiche fasciste – che permette a governanti e polizia di sopprimere ogni sintomo di ribellione con lacrimogeni, manganelli e arresti, complice una paura del dissenso che ormai ha contagiato tanta gente che piano piano comincia a pensare che sia normale e giusto che ad essere
condannato sia il valligiano che combatte perché non si faccia un’opera inutile, costosissima ed ecologicamente devastante, e non gli interessi economici di pochi; che l’espressione di milioni di italiani sulla economicamente rilevante questione dei beni comuni non valga un centesimo rispetto a quello che decide qualche politico al soldo di una multinazionale; che sia l’operaio che deve rinunciare – tra le altre cose – al diritto di sciopero e non la grande industria italiana e i suoi dirigenti a diminuire dei profitti con un numero di zeri difficile da
calcolare per una persona che non ha mai visto più di ottocento euro al mese.
Vediamo le lotte tra partiti politici, ma non la distanza tra gli stessi partiti e i cittadini.
Vediamo gli immigrati che ci rubano il lavoro, ma non gli imprenditori che ci licenziano.
Vediamo estremismi di sinistra che ci minacciano per strada, ma non il fascismo che ritorna.
perché questo ragionamento dovrebbe essere legato alla vicenda di cui stiamo parlando?
Primo, a livello analitico, perché non possiamo non considerare che tutto si muove secondo logiche dipendenti dal mercato, dall’economia, dai profitti di pochi: dalla speculazione sulle grandi opere, alla privatizzazione dei beni comuni, allo sfruttamento sul lavoro, cominciato con i soggetti più deboli, e ormai esteso a tutte le fasce, per finire con l’affossamento dell’istruzione, forse la lotta più vicina per dei Collettivi che nascono nelle Università.
Secondo, a livello più pratico, perché gli atteggiamenti psicologicamente e fisicamente
violenti dei governi si stanno estendendo sempre più e se non troviamo un modo di contrastare un nemico che finge di rappresentarci e difenderci, ci ritroveremo presto in scenari degni delle peggiori previsioni di Orwell.
Il diritto di poter decidere delle nostre vite ci viene negato dalla precarietà economica data
dall’impossibilità di avere un lavoro stabile, dalla difficoltà di poter accedere ad un’istruzione che sia di massa e di qualità, dalla mancanza di uno stato sociale.
Dietro al totem della sicurezza i governi di tutto il mondo occidentale stanno continuamente
limitando le nostre libertà e violando i diritti umani, mirando a far sembrare normali quelle
pratiche di controllo e repressione usate contro i movimenti di opposizione sociale.

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