[31/03] Milano:Corteo nazionale contro il governo Monti ed il debito

BUS da Firenze per Milano A/R 10€ ridotto 20€ intero, partenza alle 8.30 e ritorno in serata. Per prenotare contattare il Comitato No Debito o il Collettivo.

L’appello del corteo:

“Il 31 marzo a Milano inizia la rivolta contro il Debito e le Banche

L’Italia è già in recessione e il debito crescerà anche nel 2012. Tra qualche mese ci chiederanno “nuovi sacrifici”. Nel frattempo le banche continuano ad essere finanziate all’1% dalla Bce e comprano titoli di stato con rendimento del 5% in media. Il governo Monti è il governo “salva banche”, altro che salva Italia.

Un governo il cui aggettivo “tecnico” maschera la natura politica neoliberista e la maggiore capacità dell’esecutivo di applicare i diktat della BCE, proteggendo gli artefici della crisi e colpendo lavoratori, donne, giovani, studenti, precari, servendosi della minaccia di default. In questi giorni in particolare l’attacco verso l’articolo 18 e in generale verso tutti i diritti acquisiti dopo anni di lotte nel mondo del lavoro si fa sempre più pesante.

Contro un Presidente del Consiglio che, quando ancora si aggirava tra i corridoi delle grandi banche internazionali, ha indicato il piano Marchionne e la riforma Gelmini come la direzione da seguire in ambito lavorativo e della formazione; contro un governo che, insieme al gotha della finanza internazionale e alle istituzioni europee, si rende responsabile anche delle terribili misure che vengono imposte alla Grecia e che stanno di fatto portando un intero popolo verso la povertà estrema.

Siamo quindi decisi a scendere in piazza il 31 Marzo a Milano alla manifestazione Occupyamo Piazza Affari. Ci sentiamo parte di un movimento mondiale iniziato con le rivoluzioni arabe e con la resistenza del popolo islandese e greco, poi con la sollevazione della Spagna e del movimento Occupy. A Milano andremo con lo spirito di chi vuole costituire un movimento internazionale, un primo passo per non tornare indietro.

Rivendichiamo il diritto a non pagare questo debito, vogliamo scendere in piazza per dire che oggi difendere la democrazia vuol dire anche costruire dal basso un processo di Audit sul debito pubblico italiano, che mostri a tutti i cittadini come questo si è formato, chi lo detiene e chi su esso continua a speculare. Ci rifiutiamo di pagare un debito pubblico prodotto in gran parte per sostenere i profitti e le rendite private, così come non accettiamo i piani di austerity che si vogliono portare avanti in tutta Europa, che continuano ad aggravare la crisi a vantaggio dell’1%. E’ ora che il 99% si rivolti!

Su questi contenuti daremo vita a uno spezzone aperto e comunicativo, che rilanci la mobilitazione permanente contro il governo Monti e le politiche di austerità; uno spezzone attraversato da molteplici soggettività, che dica basta a quella forma di pagamento indiretto del debito che colpisce in particolare le donne, sempre più costrette ad abbandonare il posto di lavoro per ritornare ad occupare un ruolo di cura e assistenza familiare anche a causa del progressivo taglio dei servizi sociali; uno spezzone che rivendichi lavoro, reddito, casa, diritti e che rilanci la creazione di una commissione popolare di Audit sul debito pubblico per costruire un ampio fronte sociale in grado di mandare a casa il governo delle banche.

Questa manifestazione deve essere solo il primo passo per la costruzione di un movimento largo ,che coinvolga anche le mobilitazioni operaie che si stanno svolgendo in questi giorni per la difesa dell’articolo 18 , e che punti a creare uno stato di agitazione permenente contro le politiche di austerità e l’attacco ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

Non paghiamo il debito, rivoltiamolo!”

Rivolta il Debito
AteneinRivolta – Coordinamento Nazionale dei Collettivi

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[Martedì a Lettere] Il loro debito non lo paghiamo!

Martedì 27 Marzo – Facoltà di Lettere e Filosofia
ore 19.00 – Aperitivo contro l’austerità
ore 21.00 – Presentazione dei libri “Debtocracy” di D.Millet e E.Toussaint [ed.Alegre] e “Diritto all’insolvenza” di F.Chesnais [ed.DeriveApprodi]

Scheda e recensioni di “Debtocracy” http://ilmegafonoquotidiano.globalist.it/libri/debitocrazia
Su “Diritto all’insolvenza” http://www.deriveapprodi.org/2011/11/diritto-allinsolvenza/
a seguire – Proiezione di “Debtocracy” di K.Kitidi e A.Hatzistefanou:

“è molto più di un semplice documentario a sfondo economico. È piuttosto un radicale atto politico sovversivo che mette in discussione una modalità di uscire dalla crisi economica che tende a far ricadere tutte le colpe soltanto sui soliti noti (lavoratori, pensionati, giovani, proletari, ecc.) perpetuando ed anzi esasperando un sistema sociale sempre più gerarchico, ingiusto e diseguale. Un documentario potente perchè in pochissimo tempo tale opera è stata vista da centinaia di migliaia di persone grazie alla sua distribuzione libera e gratuita su un sito e su youtube, rapidamente doppiato in diverse lingue tra cui anche l’italiano.”
[in vista della Manifestazione nazionale contro il pagamento del debito 31 MARZO A MILANO!]
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Susanna Camusso a Firenze: il vostro tempo (di concertare) è adesso?

Oggi, Venerdì 16 Marzo, l’auditorium di Sant’Apollonia ha ospitato un’iniziativa della Cgil con la partecipazione speciale di Susanna Camusso. Speciale perchè, nonostante appaia sui giornali con frasi inequivocabili come quelle sul sì alla Tav o le aperture sull’art.18, è riuscita a intervenire nel modo più fumoso possibile, spiegando come la precarietà sia un problema reale, ma senza spiegare come e quando la Cgil si sia battuta per combatterla. Forse puntando sempre e comunque alla concertazione con Governo e Confindustria? Forse isolando quei settori di movimento che riescono ancora a resistere, come la Fiom ed il movimento NoTav?

Dopo aver ascoltato tutti gli interventi dell’assemblea pubblica, da quelli dei precari e delle precarie fino a quelli delle organizzazione politiche e di Susanna Camusso, abbiamo chiesto di intervenire. Anche se inizialmente ci è stato negato, grazie alla determinazione dei compagni e delle compagne presenti, siamo riusciti ad ottenere l’ultimo intervento. A differenza del pubblico dell’auditorium, le nostre parole non sono state ascoltate dalla Segretaria della Cgil, che ha preferito andare a farsi intervistare dai numerosi giornalisti presenti.

Di seguito il testo:

“In questa interessante assemblea pubblica vorremmo dire due parole, anche dato il fatto che di fatto vi stiamo ospitando, dato che questo spazio, pur se affittato a privati, sarebbe vincolato al DSU.
Non ci soffermeremo molto sul tema dell’Università anche se la precarietà sta anche nel classismo del nuovo assetto che da anni sta assumendo l’università stessa.
Citando la lavoratrice di Zara, Maruska, il ruolo della Cgil dovrebbe essere di presenza informatrice, libera e liberatrice: ma la prima cosa che dobbiamo fare è liberarci dalla precarietà, il che non è speranza o utopia, ma l’unico modo per, non solo rendersi conto  delle catene che abbiamo, ma più che altro per renderci conto che non siamo soli ad essere incatenati ma che la questione della precarietà non è solo “di generazione” o dei ”giovani”, come spesso abbiamo sentito dire negli interventi.
Noi giovani siamo stati certamente le cavie sulle quali sperimentare le forme atipiche, ma vediamo adesso come l’obiettivo sia quello di “spalmarla” a tutti quanti. Pensiamo a chi già oggi perde il lavoro a 50 anni, o alle donne, soprattutto se madri. Non facciamo l’errore di appiattire la questione sul fattore generazionale, non è così.
E soprattutto dopo questa contro-riforma del lavoro la precarietà sarà estesa a tutti: perché, e qua parlo alla segretaria della Cgil, che pone il tema della precarietà come preliminare, ma cosa sta facendo oggi, in nome della concertazione e dell’unità con Cisl e Uil a tutti i costi? Stiamo vedendo questa linea dove sta portando.
Ci stanno vendendo questa contrattazione come uno “scambio di diritti”, ma se anche passassimo il fatto morale che sui diritti si possa fare uno scambio (cosa sulla quale abbiamo molti dubbi), quello che lei sta facendo è uno scambio totalmente in perdita: qua stanno abolendo la questione generazionale estendendola a tutti e tutte le lavoratrici!
Se il sindacato non riesce a mantenere il Lavoro come diritto: noi tutti e tutte dobbiamo avere il coraggio di parlare di diritto al reddito, diretto ed indiretto! Solo così possiamo abolire il ricatto che ci rende precari. Dobbiamo affermare con forza che “a vivere al di sopra delle proprie possibilità” sono tutti quelli che ancora adesso, soprattutto durante la crisi, fanno profitti sul lavoro, lo sfruttamento e la speculazione. Se quindi mancano i soldi per garantirci i nostri diritti cominciamo a tassare i profitti, a non pagare il debito, a tagliare le spese militari, gli incentivi a pioggia alle imprese (che fin dagli anni 90 sono gli unici che han visto tagliare le tasse), a risparmiarci i soldi per il Tav.
Un ultima parola su questo: nell’introduzione s’è parlato della volontà della Cgil di recuperare il rapporto col territorio: cos’ha da dirci la Camusso sulla Val Susa? Là dove c’è l’unico movimento in Italia che riesce a mantenere caratteri di radicalità e di ampiezza di consenso sul territorio come il NoTav, ha avuto il coraggio di schierarsi con tutto quel partito unico che sta criminalizzando chi lotta non solo per la valle, ed anche contro la Fiom stessa, che ha invitato alla propria manifestazione il movimento valsusino il 9 Marzo scorso. Per tutti noi la lotta dei NoTav è fondamentale perchè oltre che questione ambientale ed economica, è una questione di DEMOCRAZIA.”

[Collettivo Lettere e Filosofia Firenze] Ingresso nell’Auditorium

[Collettivo Lettere e Filosofia Firenze] La Camusso va via quando parlano gli studenti.MOV

[Collettivo Lettere e Filosofia] Intervento all’ass pubblica di “il nostro tempo è adesso”

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Documento conclusivo della quarta assemblea nazionale di Ateneinrivolta

La nostra Assemblea si colloca in una fase caratterizzata dalla novità assoluta del governo tecnico di Monti, un governo non eletto, espressione del grande potere economico, funzionale all’applicazione dei dettami della BCE tramite pesanti politiche di massacro sociale e tagli ai diritti. Politiche imposte dall’alto anche tramite la cancellazione delle ultime forme di “democrazia” esistenti (il rifiuto di ogni forma di confronto con le realtà sociali, dell’applicazione dell’esito dei referendum di Giugno, e la pesante repressione in Val Susa sono solo alcuni esempi). Di fronte a questi pesanti attacchi alle fasce più deboli della popolazione non si verifica, tuttavia, una risposta sotto forma di movimenti d’opposizione che, dopo la delusione del 15 ottobre, hanno difficoltà nel mobilitarsi e nel parlare un linguaggio comune, così come non si verifica una diminuzione della fiducia nel governo, che invece mantiene stabili i suoi consensi.

Queste politiche vengono imposte utilizzando il ricatto del debito pubblico e promuovendo la sua diminuzione come obiettivo da perseguire attraverso tagli ai diritti e distruzione del welfare. In quest’ottica il debito pubblico si caratterizza come il nodo centrale della fase che stiamo attraversando. Un debito odioso e illegittimo generato a causa della bassissima tassazione effettuata sui profitti e sulle rendite finanziarie e per via della socializzazione di debiti privati. Debito che si ripercuote su ogni aspetto della società e sui soggetti più discriminati, tra cui donne e soggetti LGBTIQ, per i/le quali risulta ancora più difficile rivendicare diritti sotto il ricatto del debito.

Per questi motivi in questo momento ci sembra assolutamente necessario integrare nelle nostre riflessioni tali percorsi di analisi e di lotta, anche all’interno dell’università, luogo paradigmatico delle disuguaglianze nei confronti delle giovani donne e delle persone e LGBTIQ.

Le donne, nel momento in cui vengono a mancare determinati ammortizzatori sociali, sopratutto in fase di crisi, sono relegate – tramite i piani di conciliazione – al lavoro di cura (non retribuito) interno alla famiglia, al fine di supplire a queste mancanze. L’università è strumento di rafforzamento nella società di simili disuguaglianze: da vent’anni ormai negli atenei italiani ci sono molte più studentesse che studenti, ma nonostante esse rappresentino il 60% dei/lle laureat*, sono in minoranza all’interno del corpo accademico e nella dirigenza universitaria. Sono inoltre le prime a perdere il lavoro e le ultime a trovarlo, percepiscono salari nettamente inferiori rispetto agli uomini e lavorano in condizioni di precarietà maggiore (elementi tristemente confermati dalle indagini AlmaLaurea e Istat, anno dopo anno). Le persone LGBTIQ, invece, condannate all’invisibilità, sono sempre più impiegati in settori lavorativi precari e soggetti ad iper-sfruttamento. Inoltre la tradizione politica di stampo cattolico garantisce i pochi ammortizzatori sociali alle famiglie eterosessuali, lasciando di fatto fuori le persone lgbtqi, per questo ancora più povere di garanzie e vulnerabili di fronte al’attuale crisi.

Le riforme degli ultimi dieci anni hanno trasformato l’Università in una fabbrica di precarietà: i movimenti che abbiamo costruito nascevano proprio dalle trasformazioni provocate dall’intreccio delle controriforme del 3+2 e dei crediti con quelle della precarietà lavorativa, le leggi delle 46 forme contrattuali, dell’aumento dell’età pensionabile e della cancellazione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

Oggi l’imposizione del debito si abbatte sulla fabbrica di precari con effetti devastanti.

Tramite la logica del debito si è imposta una drastica diminuzione dei finanziamenti (con la l.133 del 2008 a scuola e università sono state tolte le stesse cifre previste come spesa pubblica per l’Alta Velocità in Val di Susa: 20 miliardi!); aumenti diffusi delle tasse, che già l’anno scorso superavano i limiti legislativi in più di trenta atenei; un’effettiva negazione del diritto allo studio, resa già evidente nel vissuto quotidiano delle nostre facoltà tramite diminuzione dei servizi, chiusura di biblioteche, mancanza di aule e infrastrutture adeguate, accorpamenti e veri e propri tagli di corsi di laurea e insegnamenti, tagli alla didattica ed alle borse di studio. Gli effetti di una simile combinazione di attacchi sono sempre più evidenti e peggiori di anno in anno: la disoccupazione dei neolaureati è quasi raddoppiata in tre anni, i salari medi scendono di anno in anno, solo un terzo degli occupati non lavora in nero o in forma precaria, senza contare che quasi il 60% svolge mansioni dequalificate rispetto al proprio percorso di studi. È poi necessario ricordare che questi trend peggiorano, e di molto, concentrando l’attenzione sui laureti del sud Italia e soprattutto sulle donne. In tempi di dibattiti sull’abolizione del valore legale del titolo di studio, questi dati ci dicono che il suo valore effettivo è già ampiamente diverso a seconda di dove e con che sesso si nasce, e i provvedimento proposti in merito servono ad affermare l’oggettiva necessità di differenziare e segmentare ancora di più la forza lavoro precaria che deve uscire dalle università inserite nel libero mercato.

In base a questi ragionamenti assumiamo il rifiuto del pagamento del debito pubblico come fronte di resistenza centrale per fronteggiare l’attacco portato avanti dal governo e le politiche di austerity imposte a livello europeo. È evidente che i soggetti cui attualmente si vorrebbe far pagare la crisi non siano in debito, ma siano creditori di diritti, garanzie e soprattutto ricchezze, che sono state negate e attaccate dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni in Italia e nel mondo.

“Siamo il 99% e siamo in credito” è il rifiuto delle politiche di tagli e la pratica politica quotidiana di rivendicazione e riappropriazione di tutti i diritti quotidianamente negatici, dal diritto allo studio nelle sue varie forme, al diritto ad un welfare per gli studenti e le studentesse che pagano a caro prezzo gli aumenti di tasse sui consumi (come agli inizi del secolo, piuttosto che tassare rendite e profitti, si tassano i consumi diretti!), dei carburanti, delle bollette, degli affitti, dei trasporti.

Sulla scia del dibattito sull’esigenza di opporsi nettamente alle politiche antisociali promosse in nome del pareggio di bilancio e del pagamento del debito illegittimo, abbiamo posto come ordine del giorno l’audit pubblico, un’arma per opporsi a questa ingiusta logica. Commissioni d’inchiesta sui Debiti e sulle ricchezze delle singole università perennemente in crisi, audit metropolitani per le amministrazioni cittadine e le municipalizzate sull’orlo del fallimento e della privatizzazione, e soprattutto per la revisione del debito pubblico nazionale.

Vi è infatti un’evidente relazione, in questa fase, tra le privazioni che quotidianamente viviamo nelle nostre vite di studenti e studentesse e la retorica sul pagamento del debito con cui queste privazioni vengono imposte. In questi anni l’audit si sta rivelando uno strumento di democrazia diretta per scardinare la retorica del pensiero unico che vede il pagamento del debito come passaggio oggettivamente necessario nell’economia neoliberista in crisi. La crescita dei comitati locali per l’audit in Francia, gli esempi di rifiuto del debito che vengono dagli audit sudamericani (Argentina, Ecuador) e islandesi, dimostrano che “audit” si traduce contemporaneamente in pratica democratica e rifiuto netto delle politiche neoliberiste su tutti i fronti.

Nell’ottica di una battaglia contro il pagamento del debito gli studenti e le studentesse non possono pensare di mobilitarsi da soli/e. Reputiamo fondamentale l’interazione con altri soggetti aventi questa caratterizzazione e con questo spirito ospiteremo la Conferenza Internazionale di Rivolta il Debito che si terrà il 24 Marzo all’Università La Sapienza e che vedrà la partecipazione di Eric Toussaint, membro del Comitato per l’Annullamento del Debito del Terzo Mondo ed autore di Debitocracy, in quanto momento di formazione sull’argomento ed importante spazio per una discussione pubblica ed ampia sul tema del non pagamento del debito.

Nell’ottica di una rinascita di un movimento di opposizione sociale riteniamo paradigmatico l’esempio offertoci dal movimento No Tav, un movimento spontaneo, autorganizzato, democratico e in grado di esprimere una forte radicalità coniugata ad un grande consenso a livello pubblico, e in grado di lanciare date di mobilitazione ampiamente appoggiate sull’intero territorio nazionale, come l’intensa settimana di mobilitazione in risposta all’invasione dei presidi del 27 febbraio che ci ha visti impegnati/e in tutte le città, o lo sciopero della Valle che si terrà prossimamente e che si caratterizza per essere uno sciopero autoconvocato dal basso ed in grado di portare ad una diffusione di pratiche di lotta che possano declinare le rivendicazioni del movimento No Tav sui diversi territori a seconda delle diverse specificità, portando la solidarietà ai Valligiani nel migliore dei modi, ovvero attraverso la riproposizione di molteplici lotte territoriali per gli stessi diritti che a gran voce vengono richiesti in Valle.

Aderiamo con convinzione al corteo del 31 Marzo a Milano, come momento in cui ricomporre un fronte largo di opposizione al governo e alle politiche di austerity, e da cui rilanciare una mobilitazione che finora in Italia stenta a crescere e che è fondamentale per dare maggior rilievo alla rivendicazione di non pagamento del debito.

AteneinRivolta – Coordinamento Nazionale dei Collettivi

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22/03 Presentazione della rivista Zapruder

Giovedì 22 Marzo 2012, nell’aula 20 del Dipartimento di Studi Storici e Geografici, via S. Gallo 10, presentazione del numero 25 della rivista di storia della conflittualità sociale “Zapruder” e del progetto Storie in Movimento che cura la pubblicazione del periodico (www.storieinmovimento.org).
Il numero della rivista che sarà presentato è intitolato “La patria fra le nuvole” e analizza le pratiche, spesso discutibili, di costruzione dell’identità nazionale, italiana, ma non solo, attraverso la particolare lente rappresentata dai fumetti, uno strumento spesso tralasciato dagli studi storici perché ritenuto estraneo alla cultura “alta”, ma proprio per questo in grado di trasmettere i suoi messaggi, più o meno subliminali, a una fetta consistente della popolazione.
Il fumetto quindi è un tipo di documentazione di particolare interesse per una storia propriamente sociale e incrocia quella discussione sulle fonti che rappresenta una delle maggiori questioni all’interno soprattutto della storia contemporanea.
All’incontro saranno presenti e interverranno alcuni degli autori dei contributi che compongono la rivista: Roberto Bianchi, Neri Binazzi, Fulvio Cervini (dell’università di Firenze) e Antonio Lenzi (dell’università di Urbino).

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