Rivolta la norma: identità di genere e orientamento sessuale

Senza titolo-2Iniziativa col Gruppo Giovani GLBTI*

Non tutti conosceranno l’acronimo glbt*: G per gay, L per lesbica, B per bisessuale, T per transgender, I per intersessuale, * per chiunque. Un piccolo segno in fondo a quest’acronimo ma che racchiude l’importante significato che spesso incasellarsi perfettamente in un modello è forse impossibile e sbagliato.

Dalle 19 aperitivo, poi introduzione al tema e dibattito aperto, in Piazza Brunelleschi 4, Facoltà di Lettere e Filosofia (ala ex-architettura)

…Il 19 del mese successivo incontro sul tema dell’omogenitorialità, a Scienze della Formazione.

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Per un’aula degli studenti in via Gino Capponi 9

DA ORMAI DUE ANNI CI MUOVIAMO, ATTRAVERSO VIE ISTITUZIONALI, INIZIATIVE DI PROTESTA E ASSEMBLEE, PER RIVENDICARE PIU’ SPAZI LIBERI E GESTITI DAGLI STUDENTI ALL’INTERNO DEL CENTRO STORICO.

DOPO INCONTRI CON DIRIGENTI DI POLO E DELL’AZIENDA REGIONALE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO, ABBIAMO DECISO DI INTRAPRENDERE UNA STRADA DRITTA FINO ALLO SCOPO DI OTTENERE UN’AULA STUDIO AUTOGESTITA. DI SEGUITO LA RICHIESTA AL DIRIGENTE DI POLO, AL PIU’ PRESTO AGGIORNEREMO SULLE INIZIATIVE E GLI INCONTRI DI POLO.

Alla cortese attenzione,

del Dirigente del polo centro storico

Con la presente ,

Il Collettivo di Lettere e Filosofia,

Il Collettivo Nosmet di Scienze della Formazione,

Il Collettivo Ark di Architettura,

richiedono di poter usufruire dell’aula ristoro di via Gino Capponi 9, per potenziarela e renderla di qualità attraverso servizi quali emeroteca, prestito e consultazione di libri e  dispense.

La ristrutturazione del plesso di via Gino Capponi 9 ha reso agli studenti uno spazio di  altissima qualità, di forte impatto estetico ma poco funzionale per un luogo di cultura come  l’università.

I corridoi e le cosiddette aule studio sono caratterizzate da una totale assenza di sedie, panchine, tavoli e bacheche (oggetti che rendono possibile una migliore fruizione degli spazi), rendendoli così solo semplici luoghi di passaggio.

Vorremmo che il plesso di via Gino Capponi diventi, anche in prospettiva della parziale chiusura per lavori della sede di Piazza Brunelleschi, luogo dove comunicare-studiare-scambiarsi opinioni, una vera Università e non un mero museo/caserma i cui spazi gli sono concepiti nell’ottica “panoptichiana” di Bentham.

Vorremmo dotare l’aula di ampie scaffalature ove riporre libri e riviste periodiche in consultazione e prestito (al momento 400-500 titoli); Rendere la stanza un luogo dove gli studenti possano leggere, studiare, discutere, rilassarsi in un ambiente il più possibile piacevole e stimolante, dotandola quindi di sedie, tavolini, e un’area adibita a ristoro mantenendo alcune delle macchinette automatiche attualmente presenti (una parte potrebbe infatti venire ridistribuita all’interno del polo Capponi per garantire una più facile e diretta accessibilità agli studenti).

In questi spazi vorremmo organizzare, tra le varie cose, seminari interdisciplinari tenuti sia da studenti sia da ricercatori, docenti e intellettuali di Firenze e non, così da integrare le canoniche lezioni frontali con forme di didattica e accrescimento culturale alternative, trattando anche temi e ambiti che spesso vengono appena accennati o del tutto trascurati dai programmi d’insegnamento universitario. Gli orari di apertura saranno quelli di ordinaria apertura del plesso.

Chiediamo quindi un incontro il prima possibile al fine di discutere riguardo l’organizzazione e l’allestimento del locale.

Cordiali Saluti

I RAPPRESENTANTI DEGLI STUDENTI

Architettura : – Marco Fabri – Diego Detassis – Margherita Vicario – Guido Mitidieri  – Francesco Mugnai – Cristina Setti – Nicolaes Page

Lettere: – Samuele De Santis – Linda Gala – Sabina Gala – Sara Migaleddu – Giorgio Ridolfi

Scienze della formazione : – Lorenzo Nannizzi  – Verdiana d’Arrigo – Mattia Falleri – Matteo Dei

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Università pubblica, un affare privato.

16GENNAIO-page-001(1)Troppo spesso abbiamo dovuto ascoltare la propaganda di politici ed economisti da tivvù sui giovani ed il futuro: per uscire dalla crisi dobbiamo investire sui giovani, la ricerca, il futuro e tante belle parole.
Quali sono i risultati effettivi degli sforzi fatti per “costruire” l’università di oggi? Ce lo dicono i dati Istat che parlano di una disoccupazione giovanile in costante crescita (oltre il 31%), di salari da fame e contratti precari per i neo-laureati, nonché il numero delle immatricolazioni in calo e l’abbandono scolastico in aumento.
Eppure le proteste studentesche fin dagli anni ’90 hanno più volte previsto gli effetti nefasti delle varie riforme (Ruberti, Moratti e Gelmini), incontrando però il muro sordo di docenti, istituzioni accademiche e governi che, a destra come a sinistra, hanno comunque portato avanti con continuità lo stesso disegno.
Gli enti privati, con la progressiva ingerenza nel panorama universitario, hanno silenziosamente raggiunto gli obiettivi da loro prefissati, arrivando ad ottenere le proprie rappresentanze nel consiglio accademico; se già prima le scelte del CdA erano influenzate da esterni (vedi il finanziamento a borse di ricerca vincolate a ricerche “profittabili”, o l’istituzione di convenzioni tra ditte singole o Confindustria e atenei), da oggi, 16 gennaio 2013, il diritto allo studio non è più un affare pubblico, ma un business privato.
L’università, invece di essere un luogo di formazione del singolo e di produzione d’un sapereutile alla collettività, viene orientata in base alle necessità del mercato, e quindi nella logica del profitto. Un’ottica piuttosto miope per una società orientata al futuro! Secondo noi è esattamente il contrario di ciò che dovrebbe accadere: una libera ricerca che determina le scelte di produzione, ponendo alla base il bene comune e non gli interessi privati!
Inoltre, ed oggi sarà segnato l’epilogo di questa trasformazione, la realtà universitaria prospetta un oscuro futuro di divisione di atenei e dipartimenti di serie A (i cosiddetti virtuosi) ed atenei e dipartimenti ridotti a laureifici, fogli di carta usa e getta per il mondo del lavoro (precario). Il merito di questi atenei virtuosi è ovviamente meramente economico, sottolineando la logica di profitto sulla quale si basa la visione governativa dell’università e della ricerca. Infatti accanto all’ingresso dei privati in CdA d’ateneo, da quest’anno vedremo aumentare le tasse d’iscrizione, grazie alla liberalizzazione delle tasse voluta dal Ministro “tecnico”Francesco Profumo… Cosa aspettarsi dall’ingresso nel massimo organo decisionale dell’ateneo dei tre nuovi membri esterni? Il fatto che due di loro siano membri di Confindustria lascia poco spazio all’immaginazione: ancora ricordiamo bene il punto 1 dell’accordo Confindustria-Crui che si esprime per dei disinincentivi alle immatricolazioni verso l’area umanistica, al fine di favorire indirizzi più “produttivi”.
Noi continueremo a lottare dentro quest’università, contro quest’università: vogliamo sapere, conoscere e costruire un’altra università, organizziamoci!

Collettivo di Lettere e Filosofia / ateneinrivolta.org
Ogni Lunedì alle 17.00 assemblea in Piazza Brunelleschi 4, aula Pasolini

articoli della stampa: Il Corriere fiorentino, La Repubblica

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Miti, leggende e realtà dell’università italiana, alcune considerazioni.

Nelle seguenti slides sono mostrati alcuni luoghi comuni perno della propaganda che ha giustificato tagli e riforme degli ultimi anni, messi a confronto con i fatti e con i numeri.

Spesa, risultati, efficienza: miti, leggende e realtà dell’università italiana ^clicca qui^

“I fuori corso sono un costo sociale”: quando Profumo venne incaricato al Ministero d’Istruzione, Università e Ricerca  con queste parole d’ordine palesava quanto antitetica fosse l’idea di università del Governo, e dell’ideologia che rappresenta, rispetto alla nostra, esplicitata nel libro/manifesto Studiare con Lentezza.

L’idea che ci porta a parlare della “lentezza” come un valore risponde a una duplice motivazione. Innanzitutto si basa sul rigetto dell’università attuale, configurata oramai come una catena di montaggio tutta schiacciata sul momento dell’uscita: si studia per entrare nel mondo del lavoro, ci si iscrive per uscire al più presto ed il “ritardatario”, il fuoricorso, viene bollato come sfigato, subisce il pressing della famiglia, dei docenti e da ora in avanti, grazie alla spending review montiana, anche dell’aumento delle tasse.

Quella che era un’università di massa conquistata dai movimenti studenteschi ed operai, al momento del riflusso di quest’ultimi si è trovata immediatamente assediata da una lunga serie di controriforme che l’hanno snaturata, portandola ad essere il contrario di quello che studenti ed operai chiedevano: allora reclamarono uno strumento d’emancipazione dell’individuo, un luogo dove produrre benessere per la società intera, ci ritroviamo adesso con un laureificio dequalificato nei contenuti, costoso per gli studenti, inutile al fine di trovare un qualche lavoro sicuro e/o ben retribuito, ed infine spolpato dai padronati locali che ne privatizzano la ricerca (e dal 2013 siederanno nei Consigli di Amministrazione, potendo quindi decidere direttamente del futuro di didattica e ricerca).

Il secondo riguarda l’immagine del mondo che abbiamo: rifiutiamo l’”università di corsa” perché rifiutiamo lo stile di vita imposto dal capitalismo contemporaneo, ossessionato dalla superficialità dei rapporti umani e dalla mercificazione di ogni aspetto della vita.

Ci arroghiamo il diritto di studiare con lentezza perché vogliamo conoscere, formarci criticamente, e non solo ottenere crediti in cambio dell’apprendimento di nozioni usa e getta. Vogliamo vivere le università perché così potremo confrontarci coi nostri compagni di studio, ampliando le nostre vedute e scoprendo che siamo davvero tutti sulla stessa barca, ma che questa barca è costantemente sotto attacco dai corsari neo-liberisti.

L’ultimo di questi attacchi è la cannonata del “patto di stabilità”, patto sottoscritto senza chiederci nessun parere, e che decreta la sentenza di morte per decine di atenei, che subiranno quindi un notevole ridimensionamento. La finanziaria approvata giusto un giorno prima di sciogliere le Camere decreta infatti una somma per il Fondo di Finanziamento Ordinario che è di almeno 300 milioni inferiore al fabbisogno minimo di funzionamento degli Atenei (fonte M.i.u.r.)

Come da anni il movimento studentesco ripete, è un attacco totale e che richiede una risposta totale e radicale. L’austerity richiede un’accelerazione del processo che già negli anni ’90 è stato iniziato: taglio della spesa sociale, riforma in senso privatistico dell’università, privazione dei diritti conquistati da decenni di lotte operaie.

I governi di centro-sinistra e centro-destra hanno disegnato, tassello dopo tassello, un quadro che con la riforma Gelmini del 2010 e la ratificazione dei nuovi statuti d’Ateneo ha preso una forma coerente visibile anche ai più ciechi; adesso questi ulteriori tagli sono la goccia che farà traboccare il vaso, imponendo la riorganizzazione del sistema universitario nazionale esattamente come le precedenti riforme prefiguravano:  diciamo definitivamente addio all’università di massa egualitaria e che permette a tutt* di accedere ai saperi e di intraprendere una carriera di ricerca o insegnamento. Già dal primo decennio degli anni 2000 abbiamo assistito ad una omogeneizzazione formativa verso il basso, ovvero un’università aperta sì alle masse, ma che inculca competenze standard funzionali all’apparato della società, scaricando i costi della formazione dalla spesa pubblica al singolo studente, indebitato con le banche. D’ora in poi vedremo invece una diminuzione del numero dei Dipartimenti, a causa dei tagli e del turn-over dimezzato; la disuguaglianza fra Atenei “virtuosi” (ovvero quelli che riprodurranno la classe dirigente e l’ideologia dominante) ed i laureifici si divaricherà sempre di più; aumenterà di conseguenza il tasso di abbandono e diminuiranno le immatricolazioni (già in calo da due anni, invertendo una tendenza decennale); chi deciderà di proseguire troverà invece tasse sempre più alte (infatti l’aumento è generalizzato, non solo per i fuori corso) e borse di studio sostituite da prestiti d’onore, che producono gli effetti che queste slide ci mostrano…

Insomma, se non saremo noi a muoverci e dire una volta per tutte “basta!”, nessuno ci regalerà più niente, all’università come nella società governata dall’austerity.

 

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La lezione di Sgarbi.

Pareva già chiaro che il mondo universitario fosse cambiato. Sembrava che l’istruzione formativa lo avesse dequalificato abbastanza. Si credeva che la mercificazione della cultura avesse ormai completamente ottenebrato quell’idea di Università nella quale numerosi studenti sperano ancora.

A quanto pare, invece, i modi di dire rimangono comunque più veritieri dei fatti stessi: quando si tocca l fondo, rimane sempre da scavare.

Un ulteriore schiaffo morale, in questo caso ai danni della nostra facoltà, ha percosso il pomeriggio del 12 dicembre.

Non bastavano le tendenze istituzionali omologanti che hanno attraversato, e attraversano tutt’ora, le aule della facoltà di Lettere e Filosofia, non bastava colpirne punti etici (quali la riduzione della qualità dei corsi di studio e l’aumento delle tasse d’iscrizione, il continuo vilipendio professionale a cui sono soggetti continuamente molti professori e ricercatori, l’inserimento di organi e enti privati nei consigli d’amministrazione e la mancanza di luoghi d’aggregazione sociale e culturale di cui ogni Università, degna di tal nome, dovrebbe essere punto focale), era oltremodo necessario schernire tutto ciò che la facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze, rappresenta, o dovrebbe rappresentare, nel panorama universitario nazionale.

Non sappiamo se prendere questo evento come una mera provocazione o come una grossolana e disarmante ingenuità, è certo, però, che la disponibilità a invitare un fenomeno da baraccone, quale è Vittorio Sgarbi, a tenere una lezione nelle nostre aule, si tratta senza dubbio di un grave attacco a quella, oggigiorno, chimerica cultura in cui crediamo e di cui abbiamo disperatamente bisogno.

Possiamo solo porci degli interrogativi.

Quale contributo avrebbe potuto mai dare un personaggio d’avanspettacolo come Sgarbi alla nostra crescita e a quella dell’intera università? Quali valori avrebbe mai potuto trasmetterci quell’evidente conglomerato di narcisismo e volgarità? Come volevasi dimostrare: nessuno.

Il presunto spirito critico, nell’ambito artistico, e accademico di cui il signor Vittorio sarebbe ricco, e di cui in molti si riempono la bocca, anche stavolta è rimasto celato in favore della sua natura effettiva.

Siamo vicini ai quei pochi ragazzi che si sono indipendentemente attivati protestando nel corso della lezione davanti all’uomo-capra, ricordandogli di essere semplicemente( e forse troppo demagogicamente) un “servo del potere” e non un uomo di cultura. Cosa, fra l’altro, confermata immediatamente dallo stesso Sgarbi, che da persona civile e massimo esempio di “animale ragionevole” ha risposto alle critiche a suo modo con una sequele di categorici “Ignoranti!” seguiti da un numero imprecisato di coloriti “Rottinculo!”. È bello vedere che a volte l’apparenza, l’impressione che una persona può dare di sé mediaticamente, rispecchia effettivamente la realtà.

Sta di fatto che la maggior parte degli studenti presenti in aula è rimasta indignata dal triste spettacolo offerto da questo esponente della moderna cultura italiana. Uno spettacolo che non merita altre descrizioni, che merita, anzi, d’essere al più presto dimenticato, non prima, però, che gli organizzatori e responsabili di un tale scempio, scusandosi per l’errore di valutazione commesso, promettano che individui del genere, di cui nessuno sente più il bisogno, non si ripresentino più nelle nostre università.

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