Intervento del Collettivo all’assemblea FIOM a Firenze

Siamo intervenuti così all’iniziativa FIOM sullo Statuto dei Lavoratori del 20 Maggio al Palazzo dei Congressi, a Firenze:

“Come studenti universitari interveniamo più che volentieri a quest’assemblea in quanto da sempre non solo ci battiamo contro riforme che tagliano fondi, dequalificano i saperi e piegano le università alle esigenze d’un mercato famelico, che in questi mesi sta mostrando la sua vera faccia anche in Europa; ma da sempre rivendichiamo un’Università diversa, che stia nella società e che operi per la società, e che quindi contribuisca ad un suo sviluppo per il bene comune. Quello che vogliamo fare oggi qua, partecipando alla discussione, è dare alcuni spunti per la costruzione di un progetto di opposizione sociale, di coalizione sociale, e soprattutto di alternativa, alternativa non solo a questo governo ma a questo modello di società e di produzione.

Se volgiamo lo sguardo all’Europa intera, alla Grecia che rifiuta nettamente le politiche di austerity, irrompendo nelle piazze e bocciando tutti i partiti di filo-memorandum, alla Spagna che dopo un anno mobilita ancora centinaia di migliaia di indignati, alla Germania che negli scorsi giorni ha messo in campo una protesta dall’orizzonte europeo ed internazionale, contro il ricatto del debito e le politiche antisociali della Troika; se inquandriamo in questo contesto le elezioni amministrative ancora in corso che è evidente come questa tornata sia marcata da un ampio astensionismo ed un exploit delle liste “antisistema”. Ma senza cadere in dibattiti miopi sull’antipolitica, cerchiamo di imparare da quest’evento com’è stato per il referendum d’un anno fa: come per la campagna referendaria la vittoria non è consistita tanto nell’esito positivo della votazione ma nel circuito virtuoso di partecipazione attiva e di rifiuto di delegare le scelte, in queste elezioni dobbiamo saper  leggere la domanda di partecipazione democratica e dal basso, esattamente come nelle molteplici resistenze e lotte che si danno in tutto il territorio e che ci permettono di cogliere uno spiraglio ottimistico nel desolante panorama politico di questi anni, monopolizzato di fatto da un partito unico subalterno alla gestione neoliberista dell’Unione Europea dei cosiddetti tecnici.

Questi segnali di rifiuto da parte della società sono fisiologici in una fase di crisi nella quale le contraddizioni del sistema diventano insostenibili, dalla crisi economica a quella sociale ed ambientale. Ma se tutto ciò mette in crisi anche l’ideologia dominante, che non riesce più ad illudere con le sue promesse di ecosostenibilità, democrazia e benessere per  tutti, e palesa in maniera drammatica l’ingiustizia di questo modello sociale, nessuna alternativa riesce a contrapporsi all’esistente.

La priorità che dobbiamo porci riguarda proprio quest’aspetto: dobbiamo ricostruire la prospettiva d’un cambiamento reale, fuori da retoriche, settarismi ed indentitarismi.  Dobbiamo essere capaci di testimoniare e costruire alternativa, partendo innanzitutto dalla società: la crisi politica italiana, infatti, non è altro che lo specchio di una società frammentata e in crisi di valori, ed è da qui che dobbiamo ripartire, agendo su più livelli.

Innanzitutto dobbiamo uscire dalla subalternità della sinistra all’ideologia dominante, partire da valori nuovi, “altri”, per uscire da una società permeata di individualismo, competizione e diffidenza; ripartire da un’utopia da contrapporre all’esistente dominato dalla logica del profitto e del “tutti contro tutti”.

Ripartire quindi da pratiche ri-aggreganti e solidali, per porre le basi per un progetto di alternativa ad una Europa caratterizzata dal ricatto del debito e dall’assunzione come oggettive e necessarie delle politiche di privatizzazione, taglio della spesa pubblica e gestione della crisi sulla pelle di quel 99% che da sempre è in credito, in quanto sfruttato ed escluso dagli organi decisionali nazionali ed europei.

La prima rivendicazione politica che dobbiamo assumere è quindi il netto rifiuto al pagamento del debito, oggi strumento di sfruttamento in Europa come per anni è stato per il Terzo Mondo, assumendo come priorità la messa in discussione delle politiche economiche e di governance europee, che non lasciano spazio alla partecipazione politica dei cittadini che ne fanno parte.

Il secondo obiettivo dev’essere quello di dar vita una dinamica di movimento ampia, che parta sì da delle giornate di mobilitazione a Giugno sotto Camera e Senato, ma che abbia l’obiettivo chiaro e netto di opporsi a questo governo, perché  dopo un iniziale sollievo da parte di molti dopo la caduta di Berlusconi, si mostra come il governo neoliberista  più dogmatico che in Italia si sia visto, e se vogliamo fermarlo non basta evocare l’opposizione ma dobbiamo praticarla, nelle forme che riteniamo più efficaci.”

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