Università pubblica, un affare privato.

16GENNAIO-page-001(1)Troppo spesso abbiamo dovuto ascoltare la propaganda di politici ed economisti da tivvù sui giovani ed il futuro: per uscire dalla crisi dobbiamo investire sui giovani, la ricerca, il futuro e tante belle parole.
Quali sono i risultati effettivi degli sforzi fatti per “costruire” l’università di oggi? Ce lo dicono i dati Istat che parlano di una disoccupazione giovanile in costante crescita (oltre il 31%), di salari da fame e contratti precari per i neo-laureati, nonché il numero delle immatricolazioni in calo e l’abbandono scolastico in aumento.
Eppure le proteste studentesche fin dagli anni ’90 hanno più volte previsto gli effetti nefasti delle varie riforme (Ruberti, Moratti e Gelmini), incontrando però il muro sordo di docenti, istituzioni accademiche e governi che, a destra come a sinistra, hanno comunque portato avanti con continuità lo stesso disegno.
Gli enti privati, con la progressiva ingerenza nel panorama universitario, hanno silenziosamente raggiunto gli obiettivi da loro prefissati, arrivando ad ottenere le proprie rappresentanze nel consiglio accademico; se già prima le scelte del CdA erano influenzate da esterni (vedi il finanziamento a borse di ricerca vincolate a ricerche “profittabili”, o l’istituzione di convenzioni tra ditte singole o Confindustria e atenei), da oggi, 16 gennaio 2013, il diritto allo studio non è più un affare pubblico, ma un business privato.
L’università, invece di essere un luogo di formazione del singolo e di produzione d’un sapereutile alla collettività, viene orientata in base alle necessità del mercato, e quindi nella logica del profitto. Un’ottica piuttosto miope per una società orientata al futuro! Secondo noi è esattamente il contrario di ciò che dovrebbe accadere: una libera ricerca che determina le scelte di produzione, ponendo alla base il bene comune e non gli interessi privati!
Inoltre, ed oggi sarà segnato l’epilogo di questa trasformazione, la realtà universitaria prospetta un oscuro futuro di divisione di atenei e dipartimenti di serie A (i cosiddetti virtuosi) ed atenei e dipartimenti ridotti a laureifici, fogli di carta usa e getta per il mondo del lavoro (precario). Il merito di questi atenei virtuosi è ovviamente meramente economico, sottolineando la logica di profitto sulla quale si basa la visione governativa dell’università e della ricerca. Infatti accanto all’ingresso dei privati in CdA d’ateneo, da quest’anno vedremo aumentare le tasse d’iscrizione, grazie alla liberalizzazione delle tasse voluta dal Ministro “tecnico”Francesco Profumo… Cosa aspettarsi dall’ingresso nel massimo organo decisionale dell’ateneo dei tre nuovi membri esterni? Il fatto che due di loro siano membri di Confindustria lascia poco spazio all’immaginazione: ancora ricordiamo bene il punto 1 dell’accordo Confindustria-Crui che si esprime per dei disinincentivi alle immatricolazioni verso l’area umanistica, al fine di favorire indirizzi più “produttivi”.
Noi continueremo a lottare dentro quest’università, contro quest’università: vogliamo sapere, conoscere e costruire un’altra università, organizziamoci!

Collettivo di Lettere e Filosofia / ateneinrivolta.org
Ogni Lunedì alle 17.00 assemblea in Piazza Brunelleschi 4, aula Pasolini

articoli della stampa: Il Corriere fiorentino, La Repubblica

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